NFT in Sanità: genetica applicata alla blockchain
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NFT in sanità: genetica applicata alla blockchain, privacy dei pazienti e medical token

Quando si parla di NFT il mondo si divide in due grandi fazioni: quella “pro NFT”, che considera come un approccio innovativo e funzionale, e quella “no NFT”, che ne evidenziano il rischio di speculazioni e il grave impatto ecologico che potrebbe comportare.

A prescindere da questa suddivisione, le potenzialità degli NFT sono innegabili, così come il fatto che potrebbero trovare un’ottima collocazione in diversi ambiti, quello medico-sanitario compreso; in questo caso, infatti, potrebbero conferire ai singoli pazienti la proprietà univoca dei loro dati sanitari digitali che, nonostante dovrebbe essere logica e scontata, a oggi non lo è affatto.

Cos’è un NFT?

L’acronimo NFT sta per “Not Fungible Token” ed è stata eletta parola dell’anno nel 2021. Secondo l’editore di dizionari Collins, può essere definito in questo modo:

“Un certificato digitale unico, registrato in una blockchain, che viene utilizzato per registrare la proprietà di un bene come opera d’arte o oggetto da collezione”.

La tecnologia che sta alle spalle dell’NFT si basa su una rete decentralizzata di pc che verificano la validità di una transazione. La blockchain può essere, ovviamente, utilizzata anche all’interno di aziende sanitarie e farmaceutiche con l’obiettivo di proteggere i dati medici sensibili e per evitare la contraffazione di farmaci.

Ma perché bisognerebbe adottare questa tecnica all’interno di ospedali, cliniche e strutture medico-sanitarie?

Utilizzo dei dati sanitari tramite NFT

L’introduzione degli NFT nel mondo medico-sanitario potrebbero rivoluzionare totalmente il panorama della salute e del benessere digitale dando ai pazienti il pieno controllo sulle loro informazioni mediche, una svolta senza precedenti.

I sensori e le app appositamente realizzata per la salute personale sono in grado di fornire e organizzare un gran numero di dati sanitari personalizzati che permettono ai pazienti di gestire e monitorare al meglio la loro salute; tuttavia, al momento queste informazioni private vengono controllate dalle aziende che forniscono questi servizi che, in molti casi, riescono anche a trarne vantaggi e profitti all’insaputa dei pazienti stessi.

Questo non è affatto giusto: non è corretto, infatti, che aziende e istituzioni private speculino sui dati personali dei pazienti senza, tra l’altro, metterli al corrente. Con gli NFT tutto questo verrebbe evitato, in quanto solo i pazienti sarebbero gli unici padroni e possessori dei propri dati sanitari (da utilizzare, poi, come meglio credono).

Come gli NFT cambierebbero il mondo sanitario

Quando si acquista un kit medico (ad esempio, un test del DNA), l’azienda produttrice/venditrice non solo acquisisce i dati sanitari, ma potrebbe anche venderli a terze parti ricavando milioni di euro. Questi introiti rimarrebbero nelle sue tasche e non verrebbero in alcun modo condivisi con il paziente, ma sarebbe tutto diverso se i dati fossero certificati come NFT: in questo caso, infatti, i pazienti potrebbero tracciare tutto il percorso compiuto dai dati ed, eventualmente, fare causa a chi ha utilizzato e/o venduto le informazioni senza alcuna autorizzazione.

L’NFT, infatti, vede nel paziente l’unico proprietario dei propri dati sanitari, il solo a poter decidere cosa farne e, di conseguenza, a decidere di venderli per ricavarne dei profitti. Così facendo, le stesse aziende sanitarie potrebbero invitare i pazienti a condividere i dati per partecipare alla ricerca e, al contempo, guadagnarci sopra, magari diventando veri e propri azionisti di startup sanitarie. Insomma, una vera e propria rivoluzione che, al momento, sembra essere ancora lontana anni luce dalla situazione attuale.

Criptovalute e blockchain: i migliori progetti di medical token

Il settore sanitario pesa enormemente sul PIL del nostro Paese, il che lo porta a essere un ambito estremamente interessante dal punto di vista economico; questo aspetto non è di certo passato inosservato al mondo delle valute virtuali e della blockchain, tanto che alcuni esempi di crypto sanitari e medical token stanno già avendo successo.

Ponendo l’attenzione sull’aspetto funzionale, sono almeno due le caratteristiche che hanno catturato l’interesse delle aziende crypto: la gestione mutualistica delle spese mediche e dei relativi dati che, nonostante richiedano riservatezza, devono essere trasferiti facilmente.

A questo proposito, esistono diversi progetti di medical token molto interessanti:

Dentacoin

Il progetto Dentacoin ha l’obiettivo di realizzare un token per un network che mette in collegamento dentisti e pazienti, assicurando da un lato il pagamento dei costi e, dall’altro, la minimizzazione dei costi con l’implementazione di app e servizi di prevenzione.
Attualmente, il network vanta 39mila utenti e 4mila medici che, se all’apparenza sembrano davvero tanti, in realtà non sono sufficienti a dar vita a un vero e proprio network.

Medishares (MDS)

Il progetto Medishares ha origini cinesi; l’idea è interessante, ma non è ancora ben chiaro come dovrebbe essere applicata. Si tratta, in linea di massima, di una piattaforma che garantisce agli aderenti di poter usufruire di un’assicurazione su rischi rilevanti e periodici come incidenti o malattie gravi. Gli investitori, oltre alla protezione mutualistica, possono trarre vantaggi dalla distruzione o dal congelamento di alcuni token attraverso l’ampliamento del network, seguendo un classico schema deflazionistico.

Timicoin

Il token Timicoin dovrebbe stare alla base di un network condiviso che consente il salvataggio e la condivisione in totale sicurezza dei dati dei pazienti e della gestione di pagamenti e ricevute del sistema Medicare. L’obiettivo è duplice: rendere nuovamente i dati sanitari dei pazienti privati e semplificare la gestione delle ricevute.

MediBloc

Il token MediBloc è nato in Corea con l’idea di realizzare un database all’interno del quale i pazienti possono inserire volontariamente i propri dati in cambio di token. Dal punto di vista medico, MediBloc è sicuramente il progetto più avanzato, tanto che partecipa anche la HanYang University.

Medicalchain

Infine, Medicalchain è una piattaforma realizzata per racchiudere e condividere in sicurezza i dati sanitari elettronici tramite la tecnologia blockchain. Gli utenti autorizzati, come medici e farmacisti, hanno accesso ai documenti sanitari del paziente registrando ogni singola transazione.

NFT, scienza e genetica: il progetto di George Church

La blockchain ha un ruolo di rilievo anche nel campo della genetica, anche se su questo tema il dibattito è ancora oggi molto acceso. Questo perché, se effettivamente gli NFT faranno mai il loro ingresso nella genetica, avrebbero un esito disruptive e solleverebbero quesiti di natura etica, giuridica e relativi alla privacy.

L’idea nasce per opera del pioniere della biologia George Church e dalla società da lui co-fondata, la Nebula Genomics in California; la loro intenzione, infatti, era di vendere un NFT del genoma di Church.

Per facilitare l’interpretazione, la comprensione e la condivisione dei genomi, nel 2005 Church ha dato vita al progetto Personal Genome Project (PGP), realizzando una piattaforma informatica che fornisce l’unico genoma umano con accesso aperto a chiunque in tutto il mondo.

Il PGP è un progetto a lungo termine che punta a sequenziare e pubblicizzare genomi complete e cartelle cliniche di 100mila volontari con l’obiettivo di facilitare la ricerca sulla genomica personale e sulla medicina personalizzata. A novembre 2017 erano già 10mila i volontari che avevano aderito al progetto, i cui dati sono stati resi pubblici e disponibili in modo che i ricercatori potessero testare le varie ipotesi in merito alle relazioni tra genotipo, ambiente e fenotipo.

Per incrementare il progetto, Church ha co-fondato nel 2018 la Nebula Genomics, una società che utilizza appunto blockchain e sistemi informatici per rendere disponibili i dati genomici ai ricercatori pur mantenendone la privacy.

Il PGP di Church è applicabile in futuro?

Il sistema ideato da Church è una vera e propria provocazione verso il mondo sanitario del futuro che, in base alle prospettive attuali, dovrebbe puntare sul paziente e sulla medicina personalizzata. In poche parole, da un sistema sanitario universalistico, che eroga prestazioni sanitarie verso la collettività (molto spesso economicamente insostenibili), si passerà a un sistema “taylorizzato” focalizzato sul singolo paziente e sulla specifica prestazione di cui ha bisogno. Ed è qui che il discorso si fa più complesso.

Per far sì che questo sistema all’avanguardia si realizzi, sarebbe necessario che tutti dessero il consenso incondizionato per l’utilizzo dei dati sanitari del singolo paziente verso il sistema sanitario. Ma i dati disponibili al momento non bastano ed è per questo che si tira in ballo il genoma sequenziato, anonimizzato, protetto e gestito tramite GDPR. Il genoma, inoltre, dovrebbe essere messo in correlazione con tutti gli altri dati sanitari disponibili per singolo paziente dando vita a una sanità di tipo circolare.

La piattaforma di Church è un esempio lampante del fatto che questa idea sia fattibile e realizzabile e che dovrebbe essere presa come esempio per la realizzazione di una sanità basata sul singolo paziente.

NFT e sanità, manca una normativa chiara

Un altro problema sostanziale che sorge in merito all’applicazione degli NFT in ambito sanitario riguarda le regole vigenti che, se vanno benissimo per le proprietà materiali, non sono altrettanto funzionali per proprietà intangibili come i dati sanitari personali.

Le quattro categorie di protezione della proprietà intellettuale sono Brevetto, Diritto d’autore, Segreto Commerciale e Marchio e tutte escludono l’altra grande categoria dei dati. Quindi, in pratica, non esiste una norma giuridica che possa vegliare sugli NFT. E di conseguenza, se qualcuno decidesse di mettere all’asta la proprietà di una rappresentazione del suo genoma, la domanda è una sola: a chi andrebbero i diritti di proprietà?

I dubbi nascono proprio dalla mancanza di un meccanismo di tutela giuridica nei confronti di un paziente che voglia vendere o donare il proprio genoma in cambio di qualcos’altro, così come non esiste alcun divieto giuridico di utilizzare i propri dati nel modo che si preferisce.

La situazione italiana

L’Italia è ancora molto indietro sulla questione NFT in ambito sanitario, anche perché non possiede le strutture adeguate ad affrontare temi come diritti di proprietà e privacy, soprattutto di un token. In ogni caso, nel nostro Paese esistono già alcune app che monitorano e raccolgono i dati comportamentali e sanitari, solo che i pazienti non sanno assolutamente che fine faranno.

Indipendentemente da come andrà a finire, è certo che ormai l’idea degli NFT sia stata lanciata e che ci saranno diverse proposte, in futuro, più o meno fattibili o realizzabili. Il fulcro rimane sempre lo stesso: sperimentare nuovi paradigmi di sistemi sanitari che possano utilizzati i dati del paziente con il supporto di intelligenza artificiale e piattaforme condivise tra pazienti e medici. E se mai si farà qualche passo avanti in campo giuridico, ponendo l’attenzione di argomenti etici, legali e giuridici, allora forse ci sarà spazio per gli NFT. Al momento, c’è posto solo per tanta immaginazione.

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